Ragusa Ibla

«Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla. E convengo ch’è una discriminazione maleducata, non so quanto abbia da guadagnarne il turismo locale. Fatto sta che ci vuole una certa qualità d’animo, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno sguardo nero che spia…»

Gesualdo Bufalino, La luce e il lutto, 1990, Ed. Sellerio.

Ragusa Ibla è una delle città del Val di Noto che è stata protagonista di una straordinaria impresa ricostruttiva dopo il terribile terremoto che flagellò il sud-est siciliano l’11 gennaio del 1693.

Dopo aver perso metà della sua popolazione, che contava al tempo circa diecimila abitanti, la fase post sisma vide la ricostruzione in cui vennero coinvolti tutti i livelli della società siciliana: l’allora governo spagnolo, la nobiltà feudale, la chiesa e le comunità urbane.

Se città come Catania e Noto optarono per una ricostruzione che ricalcava gli antichi cliché urbanistici con una netta divisone fra ceti ricchi e classi povere, a Ragusa si scelse invece di inaugurare una soluzione inedita: parte della popolazione ricostruì sul vecchio sito, oggi conosciuto come Ragusa Ibla; parte della popolazione diede vita ad un nuovo nucleo urbano, sull’altopiano detto del Patro, con un nuovo e moderno piano urbanistico costituito da strade ampie che si incrociano l’una con l’altra. Operazione quest’ultima di chiaro contrasto rispetto all’antica Ibla imprigionata ancora adesso nel suo assetto medievale di strade tortuose e strette.

Bisogna precisare che anche prima del terremoto fuori dall’antica Ibla era già presente un insediamento abitativo, tuttavia, il terremoto diede nuovo slancio ad un gruppo di cittadini irrequieti e desiderosi di autonomia. Questi ultimi, stretti intorno al culto del quartiere più periferico della vecchia città, i San Giovannari, spinsero dunque per abbandonare il vecchio sito e costruire la nuova Ragusa.

I successivi cantieri delle chiese di San Giovanni e di San Giorgio, diventeranno simbolo dell’impresa ricostruttiva e ridiedero nuovo lustro a questa città con un nuovo stile architettonico, il tardo barocco che ancora oggi caratterizza la maggior parte dei palazzi e delle chiese ragusane.

Non del tutto sopita è però l’anima medievale di questa città. Può capitare che un portale in stile gotico-catalano, come il portale di San Giorgio, ci stupisca, mostrando scorci dell’anima più antica della città. Ma è la chiesa di Santa Maria delle Scale, frontiera fra le due città, che preserva al suo interno un’intera navata databile nel periodo a cavallo tra il XV e il XVI secolo.

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